La religione ufficiale dell’Impero, di cui lo
stesso Imperatore è il Sommo
Sacerdote, è conosciuta
come Khame
Morhea,
letteralmente “le
usanze di coloro che stanno sopra” ovvero
la Via degli Dei
o
degli Spiriti.
In questo Credo non c’è soluzione
di continuità tra il mondo degli Dei e quello degli esseri umani,
tra storia divina e storia umana. Khame
significa in Lingua Antica “coloro
che stanno sopra” e
deriva da un termine più antico, “Arkawe”,
che indica “ciò che è
nascosto, inaccessibile”.
Nel Khame Morhea
non c’è un dio creatore ed eterno
che chiede obbedienza alla sua creatura e la giudica. I Khame
sono indifferenziati, non hanno
caratteristiche antropomorfe né hanno personalità singole. Quando gli esseri
umani muoiono si uniscono ai Khame,
e diventano a loro volta “nascosti”, “invisibili”. Alcuni
uomini, che si sono distinti nella vita, diventano oggetto di
particolare venerazione, anche se l'Impero scoraggia qualsiasi culto
personale e reprime ogni forma di religione non ortodossa. Alla
radice di questa religione sta l’antico sciamanesimo tribale: in
tutte le cose, anche quelle che vengono considerate prive di vita, è
presente uno spirito e un senso.
Tutte le cose sono piene di spirito, di anima , di nume, di divinità.
Un antico detto recita: “Lo
spirito dei Khame riempie l’universo, abbracciando ogni cosa”.
L’anima è tutta e
dovunque. Le cose quindi “sentono”. Negare che le cose sentano
perché non hanno occhi, né bocca, né orecchie, è una sciocchezza,
simile a quella di chi negasse il moto al vento perché non ha gambe
o il mangiare al fuoco perché non ha denti.
Il mondo degli Dei viene
sentito come causale rispetto a quello empirico degli uomini, da qui
la necessità di propiziarsi gli dei con preghiere e riti
appropriati; e la conseguente
necessità di ringraziarli per i favori concessi. Lo sciamanesimo
tribale identificava la parte alta dei fiumi come il misterioso mondo
dell’aldilà, credendo la forza straordinaria degli Khame
scendesse lungo i corsi d'acqua.
Risalire questi fiumi equivaleva ad entrare nella zona degli dei. Per
questo, fin dall’antichità, vengono celebrate delle feste in
prossimità delle sorgenti. Khame
Morhea si riferiva
al percorso che veniva compiuto lungo i fiumi per risalire la
sorgente. Le montagne ricoperte di fitti boschi, tra i quali i fiumi
scorrono, venivano considerate
abitazioni degli dei e si ritieneva che
essi prendessero dimora
soprattutto nei grandi alberi. Le montagne, luogo di origine dei
fiumi e sedi delle loro sorgenti, erano considerate
terra sacra. Gruppi di asceti, gli odinăvouná
(“coloro
che dormono sulle montagne”)
vivono sui monti praticando antichi riti sciamanici misti a rituali
di ispirazione esoterica, precedenti il Khame
Morhea.
Esistono
pochi grandi templi, chiamati khamedhome,
“dimora degli Dei”; molto comuni sono invece i khamedevĭ,
i “luoghi degli Dei”, alti pali di legno o canne di bambù ornati
da larghe strisce di carta lasciate sventolare nell’aria. Sono sia
offerta ai Khame
che segno e luogo della loro presenza. Essi indicano l’accesso a
uno spazio sacro (una sorgente, una risorgiva, una pianta secolare).
Il fruscio della carta mossa dal vento è considerato come il suono
delle parole dei Khame
che allontanano i cattivi spiriti e, se ascoltate, purificano
l’anima.
Quando
le strisce di carta si lacerano o si staccano, si dice che i Khame
“hanno
perso la voce”
perché hanno accolto su di loro tutti i peccati e le contaminazioni
degli uomini e bisogna quindi sostituirle.
Uno dei riti più
importanti della religione di Stato è lo “Sposalizio Celeste”
che segna l'inizio del nuovo anno astronomico e viene celebrato
quando la luna minore – lo Sposo Rosso – passa davanti alla luna
maggiore - La Sposa Bianca – eclissandola parzialmente. Il rito
viene officiato nella capitale dall'imperatore in persona, nel grande khamedhome del "Primo e l'Ultimo", sotto le colossali
statue del primo imperatore, Vrlam Erondàr, e di quello attualmente
regnante, alla presenza dell'intera cittadinanza.
Nel disegno, sono
raffigurati gli abiti cerimoniali del Cancelliere, dell'Imperatore e
del Principe suo figlio.